venerdì 12 luglio 2013

TOTONNO I PUCCHIACCHIELLI E LE PRESPICHE




La prima volta che lo incontrai era estate, e fu a casa sua. 
Era quasi un anno che ero fidanzata con il suo adorato figlio maschio, era quasi ora che fossi invitata a pranzo per ufficializzare in qualche modo la cosa.
A  19 anni ero tanto bella quanto timida, e mi appicciai come un peperone rosso quando lui, squadrandomi da capo a piedi (portavo minigonne mozzafiato) , con il suo sorrisetto compiaciuto guardò il figlio e gli disse: però, che te si firato e fa (cosa sei stato capace di fare).
La marescialla (la moglie, anzi, mia suocera che rende meglio) a pranzo preparò la frittura di pesce e quello non era scongelato di sicuro.
Lui sedeva sempre a capotavola ed io presi posto alla sua sinistra (quello rimase il mio posto fino alla sua scomparsa). Appena la moglie mi mise davanti quella enormità di gamberi calamari e pescetti di paranza fumanti e croccanti lui, per farmi una cortesia,  mi ci premette sopra mezzo limone, di quelli della costiera, dicendo: Tiè  Giovà ricreati. :-(
Io odio il limone sul fritto :-(
Poi con quel tono da maschilista del sud, che si accentua in presenza di estranei, si rivolse verso la moglie dicendole: Lucià, prepara na nzalata e pummarole e miettece pure a rucola e i pucchiacchielli.
I pucchiacchielli? Oddio ma che dice!?.  E li mi avvampai ancora di rossore.
I napoletani con quel termine indicano una varietà di insalata che cresce in prossimità dei muretti o dei marciapiedi. 


L’origine etimologica è chiaramente latina: Portulaca ovvero erba, però oltre a questo con il termine Pucchia veniva indicata anche una fonte un luogo dove sgorga l’acqua.
Però la pucchiacca (l’insalata) oltre che essere buona se mangiata  con la rughetta è quella parola con la quale a Napoli e dintorni  viene indicato anche l’organo sessuale femminile.
Detto questo mangiai l’insalata pucchiacchella con gli occhi bassi ma gustandomela , perchè era proprio buona, poi con la rughetta....


Un’altra caratteristica naif di mio suocero era il suo storpiare le parole, ed il bello che quando glielo facevano notare lui ci rideva sopra con un autoironia che era da pochi eletti.
Su un biglietto indirizzato al figlio:  Pino, prendi due pitoni riempili di acqua e portali da Ninuccio.
Dal farmacista: dottore vorrei quel buccettino  che serve per i galli ( voleva il callifugo Ciccarelli)
Parlando di un amica comune, la quale aveva espresso una esagerata ammirazione per la Valeria Marini, mi si avvicinò all’orecchio e mi disse: Giovà ma a niente a niente chesta foss’ nu poco prespita (intendeva lesbica)
Dulcis in fundo: Giovà sai che te dico: che brutta cosa l’ignorantità.
Totonno se legge il mio Blog da lassù starà ridendo ancora di se stesso, ne sono sicurissima.

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